La gonalgia è un generico dolore al ginocchio, sintomo piuttosto diffuso che può colpire persone di tutte le età. Sono molteplici le cause di dolore al ginocchio: questa zona anatomica, infatti, è complessa e delicata, quindi esposta al rischio di alterazioni della funzionalità. Ognuno degli elementi che la compongono – dalle articolazioni ai menischi, dai legamenti alle cartilagini – può essere interessato da processi patologici, quali infiammazioni, artrosi e malattie sistemiche.


Oggi affronteremo in particolare quella gonalgia localizzata al comparto postero-laterale che insorge più o meno lentamente, spesso senza l’evidenza di una causa traumatica specifica, ma in genere a seguito di posture alterate o microtraumatismi ripetuti dovuti all’attività sportiva praticata. A volte questa stessa sintomatologia può manifestarsi a seguito di interventi di ricostruzione del legamento crociato anteriore e/o di meniscectomia selettiva (non necessariamente del menisco laterale). Questa localizzazione postero-laterale del dolore al ginocchio ha in genere una diagnostica che va dalla sofferenza del menisco esterno alla tendinopatia del bicipite femorale o del legamento collaterale laterale

I sintomi lamentati dal paziente possono essere la difficoltà all’estensione del ginocchio contro resistenza, la flessione del ginocchio passiva o sotto carico, fino al dolore al cammino o alla corsa che impediscono la ripresa della propria pratica sportiva.

Dal punto di vista osteopatico, la sintomatologia è sì dovuta ad una sofferenza del menisco esterno e/o alla tendinopatia del bicipite femorale o del legamento collaterale, ma queste sono le manifestazioni cliniche determinate spesso da una disfunzione dell’articolazione tibio-peroneale prossimale, con un’alterazione della sua mobilita antero-posteriore e una ripercussione sulle rotazioni interne/esterne passive della tibia sul femore (che permettono lo svincolo dei menischi nei movimenti di flesso-estensione del ginocchio), con una conseguente reazione infiammatoria sulle strutture molli dovute alle tensioni che così si determinano.

Queste disfunzioni (non dimostrabili con i consueti esami strumentali, ecografia muscolare o RMN), sono invece apprezzabili con semplici test palpatori e dinamici. L’osteopata effettua manovre di valutazione per la ricerca della fine mobilità del perone prossimale sulla tibia e delle rotazioni passive della tibia sul femore a ginocchio flesso con paziente supino. Il perché queste disfunzioni si possano determinare risiede nell’uso ripetuto del ginocchio (per esempio la posizione dello sci o della leg extension o del leg curling in palestra) con sempre la stessa modalità di tensione articolare (verso e direzione), o con il mantenimento di abituali posizioni scorrette (seduti con il ginocchio flesso sotto i glutei). Queste disfunzioni possono essere la conseguenza di traumatismi più o meno importanti di cui il paziente normalmente porta il ricordo nell’anamnesi.

Il trattamento basato sull’approccio integrato fra osteopatia e agopuntura

Da un lato con l’osteopatia si ripristina la corretta articolarità, risolvendo la disfunzione somatica e quindi la causa delle tensioni sul menisco piuttosto che sul tendine del bicipite femorale che ne determinano lo stato infiammatorio. Con l’agopuntura, in questo caso utilizzata a scopo sintomatico, si ottiene un’azione analgesica, antinfiammatoria e di detensionamento mio-fasciale rompendo così quel circolo vizioso, che da un lato diminuisce l’efficacia del trattamento osteopatico e dall’altro ritarda i tempi di recupero, in quanto le tensioni dovute all’irritazione infiammatoria dei muscoli coinvolti nei movimenti fini favoriscono il ripresentarsi della disfunzione articolare di cui il corpo mantiene una certa “memoria”. Questa “memoria” risiede in gran parte nell’alterata dinamica articolare e muscolare, che determina un adattamento posturale che, perdurando, diventa esso stesso causa del mantenimento della disfunzione originale; bisogna perciò dare un po’ di tempo al corpo perché possa riprogrammarsi autonomamente, facilitato dal nostro intervento.

Ricordiamo che questo è solo un esempio: ogni caso è unico e deve essere valutato sempre nella sua globalità, trattamento dopo trattamento. L’integrazione di queste due medicine rappresenta comunque un ottimo abbinamento nel trattamento di molte sindromi muscolo scheletriche legate all’attività sportiva o all’utilizzo ripetitivo professionale o meno di un distretto corporeo.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *